Piano Extensions – Adriano Guarnieri Claudio Ambrosini

01 Tecniche per la misurazione dell’infinito – Claudio Ambrosini

02 Gamut n.2 (Pavana) – Claudio Ambrosini

03 Ostinato n. 6 – Adriano Guarnieri

04 “… dissolto nella notte …” leggenda – Adriano Guarnieri

Tecniche per la misurazione dell’infinito (2014)

per tre pianoforti – Claudio Ambrosini

Comporre è sempre aver a che fare con qualcosa di quasi impossibile, di imprendibile: l’idea (mai completamente realizzata), il tempo (“metronomizzabile” in apparenza, sfuggente da ogni parte in realtà), la forma (volonterosamente articolata, nell’illusione di scolpire la memoria), la natura strumentale (indagata a fondo, per poi scoprire quanto essa nasconda ancora), l’ascolto (sempre relativo)… Sulla parete davanti al mio tavolo di lavoro, da decenni, ho attaccata la foto di un bimbo di pochi mesi che, incantato, cerca di afferrare con una sola mano l’acqua che cade da una fontanella: ecco, a me pare che sia questo che cerchiamo di fare, impossibile eppure affascinante.

Questo tentativo, perdente ma irrinunciabile, può forse essere aiutato non soltanto cercando di “abbattere i limiti” ma rendendoli surreali: solo per assurdo – o per arte – Orfeo va nell’Ade, Astolfo sulla luna e Verne al centro della terra.

Con questi intenti è così nata, negli anni, una piccola serie di lavori volonterosamente impegnati a catturare queste e altre fole: indagini al microscopio su fatti sonori inesistenti, ingabbiamenti di magie, allungamenti smisurati, classificazioni impossibili come Pausa irreale, Attimo relativo, Il suono e il suo doppio, Cadenza estesa e coda, Classifying The Thousand Shortest Sounds in the World, Nell’orecchio di Van Gogh, una pulce, Fonofania, Ogni emozione dell’aria, Trompe-l’oreille…

Queste nuove Tecniche per la misurazione dell’infinito si prefiggono ora di misurare quello spazio che non si vede ma si sente, che è la casa del suono. E poi quell’altro spazio, che altrettanto non si vede ma sente, che è nella mente di chi ascolta, a sua volta influenzata da un altro spazio ancora: quello prospettico, che fa sì che – come in un’anamorfosi – l’immagine sonora che si forma in noi e l’idea che ci facciamo di un brano dipenda anche, e non poco, dal punto della sala da cui ascoltiamo. Strumenti di misura privilegiati per queste Tecniche sono il tempo (in particolare la velocità) e i registri strumentali, entrambi in continua variazione. Da compositore timbrico non vedo il pianoforte come uno strumento a tastiera con un’estensione di sette ottave, ma sette strumenti di un’ottava circa, pilotati da una tastiera. Il concetto di “ottava sopra”, o “sotto”, quindi non trova spazio in questa musica. Ci sono invece tante aree sonore ben precise, caratterizzate, capaci di produrre sonorità uniche. Quasi dei “cori battenti” cangianti e mobili come palline da flipper, per provare a sussurrare qualcosa, nel dialetto di oggi, all’orecchio di Giovanni Gabrieli, che il pianoforte purtroppo non lo vide mai.

Claudio Ambrosini

Gamut n.2 (Pavana) (2018)

per tre pianoforti – Claudio Ambrosini

Si sa che fu Guido d’Arezzo a risolvere brillantemente il problema di come chiamare le note, desumendole dalle prime sillabe dei versi dell’Inno a San Giovanni: ut, re, mi, fa, sol, la. Sei, per il momento, a costituire la gamut, la scala. Poi ne arrivarono altre, fino a completare il totale di dodici semitoni all’interno dell’ottava. Moltiplicati infine per sette, quante sono le ottave della tastiera del pianoforte.

Eppure – nonostante le parentele di nome – sono talmente tante le differenze timbriche tra le note gravissime, gravi, medio-gravi, medie, medio-acute, acute, acutissime che sarebbe stato probabilmente più caratterizzante usare ottantotto fonemi o, meglio, fonomi ad hoc: bdunn, knomm, tdenn, ktnamn, tkdlonn, kbdèinn, plgéumm e su su su su fino a… pleim, gdlaim, bdlüaïm, mldjìnnnnnn…

Gamut n.2 (Pavana), scritta nel novembre 2018 e basata su un approccio al pianoforte affine a quello esposto per Tecniche per la misurazione dell’infinito, è dedicato a Veniero Rizzardi.

Claudio Ambrosini

Ostinato n. 6 (2019)

per tre pianoforti e live electronics – Adriano Guarnieri

Questo brano si inscrive in un progetto che porto avanti da vari anni che si articola in una serie di “Ostinati” per strumenti vari. Il titolo stesso richiama l’idea germinale della mia ricerca: una serie di ribattuti ravvicinati costanti ed a “doppio coro battenti”. Materiali che vengono rifratti nello spazio sonoro e creano una cosmologia di suoni che le tecniche del live electronics propagano con insistente reiterazione. L’ascoltatore avrà la percezione di essere immerso in una vasta e complessa articolazione di suoni che provengono da punti sempre diversi della sala: coaguli sonori, rapide acciaccature sforzate, veloci ascese o discese cromatiche. I materiali si elevano, si proiettano, si rispondono a canone, dipanandosi via via in un percorso dialogico serrato: a volte violento, a volte basato su cellule figurative cantabili; tratti rabbiosi e incontenibili si alternano a figure liquide formate da tremoli in dissolvenza tra i quali esilmente ancora riaffiora un’intima cantabilità.

Il procedimento formale accumula e disgrega la materia sonora fino a portarsi verso un finale dolce, calmo, allargato temporalmente il cui estinguersi dona una apertura distesa verso un infinito visionario.

Il live electronics, tratta in modo indipendente ogni pianoforte, sia in merito ai processi di elaborazione del suono che in merito alla sua spazializzazione nella sala. Diventa dunque il principale strumento di “divulgazione” di ogni fase cangiante della partitura

Poeticamente questi brani si fondano sulla presenza ossessiva di materiali “ostinati” proprio per accogliere, accentuare ogni dialettica, ogni alternanza, in una incessante equilibrio tra ratio e melos poetico. Visioni che non concedono nulla all’estetica del postmoderno ma tendono anzi a trascendere la concezione fisica del suono (moltiplicato e trasformato dai procedimenti matematici del live electronics) in esperienza metafisica, inesauribile fonte vitale dell’esperienza umana.

Il brano è dedicato ad Alvise Vidolin per il suo settantesimo compleanno. Ad Alvise il mondo della musica deve un ringraziamento speciale. Grazie Alvise per il tuo appassionato lavoro!

Adriano Guarnieri

“… dissolto nella notte …” leggenda

per pianoforte e live electronics (2018) – Adriano Guarnieri

Live Recordings Siena, Chigiana International Festival & Academy, Chiesa S. Agostino, 25 luglio 2018

Trattasi di un brano rapsodico con figure immaginifiche proprie della forma di una leggenda. Un unico tratto narrativo-sonologico, caratterizzato da un continuum di trilli, anche quadrupli, costituisce un fil rouge presente in tutto il brano. Da un suono generatore di base ribattuto si propagano, a grappoli, ascensioni rapide che sbocciano poi in figure minuscole orizzontali costruite su intervalli di terze e seste. Dette figure ostinate sono rafforzate da procedimenti per ottave che generano agglomerati massivi policromatici ripetuti ossessivamente, sempre sfocianti però in brevi linee liriche. Il brano infatti alterna in forma dialettica materismo e lirismo senza soluzione di continuità. L’uso di questi procedimenti compositivi esalta il carattere astratto, pulviscolare, dei materiali che sempre si autodissolvono in figure trillate atte a conferire al brano un carattere “sospensivo”, “ininterrotto”, simbolicamente “smaterializzato“. Figure che gradualmente si estinguono fino a tratteggiare un finale sospeso e non definitivo.

Il live electronics potenzia la fibrillazione del trillato, ne segue il tracciato in tutte le direzioni spaziali, crea un immaginario fantasioso che raggiunge altezze siderali, quale ultimo richiamo ad un infinito ideale e leggendario. Una poetica visionaria, immaginifica, metaforica si coniuga con uno spirito pianistico assai utopico e trascendentale come nel “dissolto notturno” citato poeticamente nel titolo.

Adriano Guarnieri

© 2023 / 40127

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