Sergej Vasil’evic Rachmaninov (1873 – 1943
Quartetto n. 1 (1889 – 90)
[1] Romanze: Andante espressivo
[2] Scherzo: Allegro
Aulis Sallinen (b.1935)
[3] Quartetto n. 3 Aspetti della marcia funebre di Peltoniemi Hintrik, op. 19 (1969)
Edvard Grieg (1843 – 1907)
Quartetto n. 1 in sol minore op. 27 (1860)
[4] Un poco Andante – Allegro molto ed agitato
[5] Romanze: Andantino
[6] Intermezzo: Allegro molto marcato – Più vivo e scherzando
[7] Finale: Lento – Presto al saltarello
Cosimo Carovani (b.1991)
Norrsken per una terra che brucia, quattro låtar per quartetto d’archi op. 34 (2019)
[8] Vorgesang: en siren
[9] Mit Feuer (Scherzo)
[10] Northern lights
[11] Sista gryningen
Luogo della registrazione
Villa Le Pozzarelle
Fiesole
Direzione Artistica
Ettore Biagi
Disegno del suono
Giuseppe Scali
Tecnico del suono
Marco Cardone
Editing
Riccardo Magnani
Copertina
Pål Solbakk
Foto libretto
Ernesto Casareto
Progetto grafico
EMA Vinci service
© (p) 2020 EMA Vinci records 40110
Un racconto eschimese spiega così l’origine della luce: «II corvo che nella notte eterna non poteva trovare cibo, desiderò la luce, e la terra si illuminò». Se c’è un vero desiderio, se l’oggetto del desiderio è veramente la luce, il desiderio della luce produce la luce. Simone Weil
Cercando sul dizionario il vocabolo “luce”, la prima definizione è sempre quella di ente fisico, di fenomeno scientificamente misurabile.
Tuttavia, fin dagli albori dei tempi, la luce ha assunto prevalentemente una valenza simbolica ed allusiva, un rimando ad altro. Curiosamente, quindi, la luce – che a livello fisico consente una migliore visione delle cose – rimanda più facilmente a qualcosa di invisibile.
Luce è vita: dal celeberrimo fiat lux al dare alla luce una creatura vivente.
Luce è conoscenza: si pensi all’Illuminismo che intendeva rischiarare con i lumi della ragione l’oscurantismo delle epoche precedenti. O a Platone e al mito della caverna.
Luce è autocoscienza: si cerca di illuminare le pieghe oscure dell’inconscio.
Luce è arte: Michelangelo, Vermeer, ma anche Storaro e Nykvist.
Luce è molte altre cose che irradiano la sfera oggettiva e soggettiva di ogni essere vivente e che non può quindi essere costretta nelle strette maglie di una definizione scientifica.
La luce è anche in intima correlazione biunivoca con il territorio, inteso come posizione geografica in cui viene percepita.
Alle luci del Nord e al fenomeno dell’aurora boreale è dedicato il progetto musicale ideato dal Quartetto Indaco che ha sapientemente collegato autori e brani musicali attraverso temi conduttori differenti ma che si intrecciano alla perfezione, conferendo all’intero progetto unità ed organicità. Il percorso musicale qui delineato diventa quindi un vero e proprio viaggio nell’emisfero boreale alla ricerca di un punto privilegiato per osservare la sublime grandezza dell’aurora polare. Ad indicarci la via, come si accennava, alcune “bussole” tematiche: la terra e il canto sono quelle che emergono in maniera più preponderante.
Edvard Grieg è ancora oggi considerato il compositore norvegese più rappresentativo, tedoforo per la Norvegia del movimento musicale nazionalistico, inteso ad emanciparsi dalla tradizione romantica tedesca (all’epoca ancora punto di riferimento, sia in senso positivo che negativo) riscoprendo e integrando nelle proprie composizioni melodie e ritmi caratteristici della musica popolare norvegese. Vi è quindi un profondo legame tra Grieg e la propria terra natia, sia come radicamento nazionale che come territorio, un legame che emerge chiaramente anche a livello sonoro nei quattro movimenti del Quartetto in sol minore op.27 (l’unico completato da Grieg). Il brano, caratterizzato da una densità sonora quasi orchestrale, alterna sapientemente toni di intima e delicata cantabilità – che evocano suggestioni paesaggistiche quasi impressionistiche – a vigorosi accenti popolareschi con l’utilizzo di un materiale musicale prettamente folklorico (accentuato soprattutto nell’ultimo movimento). Grieg riesce quindi ad amalgamare elementi timbrici e ritmici diversi, richiamando allo stesso tempo canti e suoni tipici della natura della propria terra. Pur rimanendo in parte ancora debitore della tradizione romantica per quanto riguarda la forma e la struttura del brano (suddiviso nei canonici quattro movimenti), Grieg trae la propria ispirazione tematica da un suo stesso Lied, su testo di Henrik Ibsen, corrispettivo del compositore per il teatro e la letteratura norvegese. Il tema del canto Spillemaend (Menestrelli) attraversa l’intero Quartetto conferendo così al brano unitarietà e coesione, pur nella diversa caratterizzazione dei singoli movimenti.
Analogamente legato alla terra e alle melodie popolari è il Quartetto n.3 “Aspetti della marcia funebre di Peltoniemi Hintrik” op.19, composto da Aulis Sallinen, uno dei più stimati compositori finlandesi viventi, erede del nazionalismo musicale avviato da Jean Sibelius sull’esempio di Grieg. Composto nel 1969 a scopo didattico (Sallinen fu invitato a spiegare a degli studenti il suo stile musicale), il Quartetto n.3 è incentrato su una nota melodia finlandese che il compositore propone nella forma del “tema con variazioni”: in questo modo, il senso di familiarità del tema principale dovrebbe consentire agli ascoltatori una maggiore riconoscibilità dello stesso e una maggiore percezione delle modifiche subìte, nonostante la progressiva complessualità melodica-armonica- ritmica assunta dalle cinque variazioni e dai due intermezzi derivati dal tema. Si tratta di un brano da cui emerge un forte senso di contraddittorietà, simile a quello che si percepisce a livello naturalistico nei paesi scandinavi, terre intensamente luminose quanto profondamente oscure, dove alba e crepuscolo spesso si fondono assieme senza soluzione di continuità. Così è il Quartetto n.3 di Sallinen, dove la familiarità del tema principale rischia di perdersi in un accumulo sonoro sempre crescente; o dove un radicato elemento di spiritualità viene accostato alla materialità della terra in cui viene calata la bara di Peltoniemi Hintrik; o ancora, dove si avverte un moto perpetuo di attrazione e repulsione, esemplificato in maniera del tutto originale nell’incipit del brano con violino primo e cello che suonano all’unisono pur in una distanza armonica quasi incolmabile.
Sulla scia di Grieg e Sallinen e di quelle che abbiamo chiamato “bussole” tematiche di questo viaggio a Nord, si pone anche il brano di Cosimo Carovani, che scrive quattro densissimi movimenti ispirati alle atmosfere e alle luci nordiche (Norssken in svedese significa: luce del nord ovvero aurora boreale). Più specificatamente si tratta di quattro låtar, quattro canti ispirati a melodie nordiche e in cui prevale un’inconfondibile fascinazione per i paesaggi aspri ed evocativi di quelle terre. Il primo låt «Vorgesang: En Siren» racconta Carovani «racchiude diverse suggestioni mitologiche con il riferimento alle sirene, personaggi canori per eccellenza, dall’aspetto fiabesco ed etereo per i nordici tanto quanto demoniaco e seduttivo per gli antichi greci». Parte così il suo racconto dall’ elemento dell’ acqua. Ad esso segue uno Scherzo dove l’indicazione “con fuoco” non è solo agogica ma anche esplicativa del secondo elemento e una forma di sensibilizzazione nei confronti di “una terra che brucia” e che va salvaguardata. «L’immagine dell’aurora boreale viene richiamata dal tema di un corale tradizionale svedese, a cui si sostituisce poi un motivo che mi è stato ispirato da un recente viaggio in Scandinavia»: così Carovani descrive il terzo movimento a cui segue il quarto senza soluzione di continuità e che si conclude con una citazione del tema principale dell’Allegro molto e agitato di Grieg, creando così una sorta di intrinseca ciclicità all’interno del programma, in cui il tema della Terra/terra ha il suo fulcro. «Acqua, fuoco, luce sono elementi caratteristici non solo del Nord, ma di tutto il nostro pianeta» conclude Carovani, specificando come l’ultimo låt sia un ideale canto dell’Uomo spinto alla salvaguardia della propria Terra/terra.
Pur ad una latitudine differente, anche Romance e Scherzo di Sergej Rachmaninov trovano la loro perfetta collocazione in questo programma. Le languide e malinconiche linee della prima, infatti, non possono non far pensare ad un canto, grazie anche alla predominanza sonora del violoncello,
lo strumento ad arco più vicino alla voce umana. Allo stesso tempo, lo Scherzo, così vivace e brillante, ricorda una danza popolare della Russia agraria di fine ‘800 dove l’adolescente Rachmaninov (all’epoca della composizione diciassettenne) soggiornò per un certo periodo. Si tratta di due miniature aggraziate e fresche, destinate ad un Quartetto per archi che il compositore russo non scrisse mai, ma che ci consentono comunque di intuire le sue abilità compositive anche in questo specifico genere, se non avesse mantenuto la sua produzione cameristica tanto episodica.
Vittoria Fontana