Descrizione
TÁMMITTAM PERCUSSION ENSEMBLE
Guido Facchin, Conductor
Adriano Ambrosini / Massimo Barbieri, Piano
Silvia Montanari, Mezzosoprano
Alvise Vidolin, sound management
BRUNO MADERNA (1920 – 1973)
Concerto (1948-49) per 2 Pianoforti, 2 Arpe, Celeste, Xilofono, Vibrafono, 4 timpani e batteria
Versione originale del manoscritto donato da Bruno Maderna a Gino Gorini nel 1947
I: Allegro moderato, ma energico; Poco meno; Vivace; Tempo (presto). 9,38
II: Grave; Andante calmo. 9,05
III: Lo stesso tempo; Andante maestoso. 9,50
Guido Facchin, conductor
Adriano Ambrosini, Massimo Barbieri, piano
Brunilde Bonelli harp I / Antonella Ferrigato harp II / Donatella Pieri, celesta / Valerio Galla, vibrafone / Giuliano Pastore, xylofono / Francesco Corona, timpani / Alessandro Zucchi, suspended medium Cymbal, small snare drum, small snare drum without snares, tam tam.
Recording – Recorded at the Conservatory of Vicenza, aprile 1996.
Sound Enginer: Marco Giommoni.
Edition: manoscritto originale donato da Bruno Maderna a Gino Gorini nel 1947
LUIGI NONO (1924-1990)
La fabbrica illuminata (1964) 19,51
per voce e nastro magnetico a 4 tracce (testo di Cesare Pavese e Giuliano Scabia)
Silvia Montanari, mezzosoprano / Alvise Vidolin, sound management
Registrazione presso Sentemo Records Cessalto (TV) il 30 Gennaio 1993- Recording engineer: Maurizio Soranzo.
Edition: Ricordi
Dedica “Agli operai della Italsider di Genova”.
BRUNO MADERNA (1920 – 1973)
Fantasia e fuga per due pianoforti (1949) 19,03
Adriano Ambrosini, Massimo Barbieri, Piano
Recording – Recorded at the basement G. Zecchini Strumenti Musicali, Verona, aprile 1996.
Sound Enginer: Marco Giommoni.
Edition: manoscritto originale
MASTERING CAT SOUND STUDIO BY Mario Marcassa
BRUNO MADERNA – LUIGI NONO
A cura di Guido Facchin
BRUNO MADERNA (Venezia, 21 aprile 1920 – Darmstadt, 13 novembre 1973)
Iniziatore indiscusso dell’avanguardia musicale europea del secondo dopoguerra,
Maderna visse tutte le vicende senza mai perdere il contatto con la storia come testimonia la sua immensa attività di interprete e revisore delle musiche del passato.
La genesi del Concerto per due pianoforti due arpe e strumenti che appartiene al gruppo delle cosiddette opere giovanili, è in realtà molto travagliata.
Sembra sia stata composta nel 1947. Quando viene eseguita per la prima volta a Venezia al Festival Internazionale di Musica Contemporanea l’11 settembre del 1948, si trattava di un’ampia composizione in tre tempi della durata di mezz’ora. Il titolo era diverso, generico e un po’ goffo: Concerto per 2 Pianoforti, 2 Arpe, Celeste, Xilofono, Vibrafono, 4 timpani e batteria. Gli interpreti erano due pianisti molto amici di Maderna, Gino Gorini e Sergio Lorenzi e il direttore Ettore Gracis; mentre il Concerto configurato nello schema tripartito era così disposto: I. Allegro moderato, ma energico, Poco meno, Vivace, Tempo (presto); II. Grave: Andante calmo; III. Lo stesso tempo, Andante maestoso. Seguendo le indicazioni, dal manoscritto della partitura originale di Gorini, che il gruppo Tàmmittam Percussion possiede e che è servita per la registrazione di questo Cd, non vi è interruzione tra il secondo e terzo movimento. In seguito, a Darmstadt, nell’ambito dei concerti che incorniciarono l’attività dei Ferienkurse, vi era stata una ripresa del Concerto con una nuova partitura su cui Maderna aveva effettuato tre tagli, distribuiti tra il Secondo Tempo e il Terzo Tempo. Tuttavia la peripezia del Concerto per due pianoforti e strumenti, non era ancora finita, e continuò ancora, anche quando venne ulteriormente rielaborata a ridosso del 1949. Maderna elimina del tutto i primi due tempi e aggiunge, prima del terzo, una sorta di “introduzione” nuova, efficacissima, di 29 battute che si sviluppa sulla graduale apparizione delle quattro note le cui sigle compongono il nome di Bach (La – Si bemolle – Si naturale – Do). Interventi molto radicali che riducono la durata dell’opera, dalla mezz’ora circa originaria a circa una decina di minuti. Tra il 1949 e il 1955 il Concerto per due pianoforti, in questa definitiva veste venne eseguito diverse volte e consegnato all’editore Suvini-Zerboni nel 1949 per la pubblicazione, in una partitura non perfetta. Più tardi, nel 1955, l’editore riceve un ultimo, ripulito e accuratissimo, esemplare della partitura, in un unico Tempo, preceduto dall’Introduzione, datato da Maderna “1948” stendendo così un velo su tutta la vicenda di quest’opera.
La versione del Concerto proposta in questo Cd è quella originale tratta dal manoscritto regalato da Bruno Maderna a Gino Gorini, integrale, senza nessun rifacimento o tagli, che risale probabilmente al 1947.
LUIGI NONO (Venezia, 29 gennaio1924- Venezia, 8 maggio 1990)
La fabbrica illuminata (1964) per mezzosoprano, e nastro magnetico a 4 tracce
testi di Giliano Scabia e Cesare Pavese per soprano e nastro, con dedica “Agli operai della Italsider di Genova”.
La fabbrica illuminata, brano commissionato dalla RAI per il concerto inaugurale del Premio Italia del 1964, non venne eseguita per questa occasione poiché la RAI decise di ritirare il brano per il fatto che conteneva testi giudicati troppo politicizzati. La composizione venne eseguita in prima esecuzione assoluta al Teatro La Fenice di Venezia il 15 settembre dello stesso anno, per Biennale di Venezia, XXVII Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Carla Henius, mezzosoprano; Nastro magnetico realizzato presso lo studio di Fonologia della Radiotelevisione Italiana di Milano con la partecipazione del Coro della RAI di Milano diretto da Giulio Bertola; Luigi Nono, regia del suono.
L’accostarsi di Nono alla musica elettronica è relativamente posteriore alle ricerche compiute dai musicisti della sua generazione (Maderna, Berio, Pousseur, Stockhausen), a parte lo sperimentale Omaggio a Vedova (1960), il primo lavoro di Nono compiuto con le nuove tecnologie è La fabbrica illuminata del 1964, assieme a Giuliano Scabia, autore delle prime due parti del testo. Dal 1962 al 1964 avevano lavorato assieme al progetto di un’opera intitolata Un diario Italiano, un’azione scenica teatrale sul modello di Intolleranza 1960 (con le scene di Svoboda).
Si trattava di un progetto per una nuova spazializzazione del suono (dopo Diario polacco n. 1 o le tre grandi cantate del triennio 1956-58), una nuova lingua che poteva far emergere dall’accostare i versi di Pavese alle inchieste sulla condizione operaia alla FIAT, le voci dei cortei alle dichiarazioni di Fidel Castro, e un nuovo suono oltre i limiti degli strumenti tradizionali (dopo i risultati raggiunti con i Cori di Didone).
Il testo di Scabia, per le prime due parti (la terza è su versi di Pavese) muove da una lucida e tesa denuncia delle durissime condizioni di lavoro degli operai nelle acciaierie in un altoforno (esalazioni nocive, elevatissime temperature, luci abbaglianti), ad una trasfigurazione della angoscia e della alienazione in icastiche strutture verbali. Gli autori si recarono, assieme a Marino Zuccheri, tecnico del suono, nello stabilimento Italsider di Cornigliano (nei pressi di Genova) per raccogliere direttamente le voci e le parole degli operai, nonché i rumori della lavorazione. Mentre Scabia raccoglieva e trascriveva locuzioni dei lavoratori e documenti sindacali, Nono registrava i rumori e le voci della fabbrica.
Nono lavorò poi allo studio di fonologia della Rai di Milano, dove al materiale raccolto elaborato elettronicamente, aggiunse alcuni suoni di sintesi, alcune improvvisazioni del mezzosoprano Carla Henius e alcune sezioni corali (sui testi raccolti da Scabia) registrate dal coro della RAI di Milano diretto da Giulio Bertola. L’esecuzione del lavoro prevede che al nastro magnetico a quattro piste così preparato si alterni una voce dal vivo, che canta su frammenti di testo preparati da Scabia e su un frammento di Due poesie a T. di Cesare Pavese. L’opera termina con la poetica evocazione dei versi di Pavese “passeranno i mattini / passeranno le angosce / non sarà così sempre / ritroverai qualcosa”.
I materiali sonori di questo lavoro sono essenzialmente: a) suoni e rumori registrati all’Italsider di Genova, b) musica elettronica appositamente preparata nello studio di Fonologia della RAI di Milano, c) registrazioni più o meno rielaborate di interpretazioni del testo da parte della voce sola e del coro. La ricchezza del materiale sonoro utilizzato da Nono, la sua polivocità semantica (rumori di laminatoio, suoni elettronici, voci) dimostrano l’estraneità del musicista veneziano ad ogni forma di purismo e la sua volontà di superare i confini tra “musica elettronica”, “musica concreta” e “musica acustica”. Superamento che può avvenire solo in ragione di una tensione “espressiva”, di una volontà di “comunicazione”, che Nono ha ininterrottamente posto come condizioni del suo essere musicista e che lo hanno portato a rifiutare ogni forma di “feticismo” compositivo. I risultati di questo lavoro, se oggi possono apparire politicamente “ingenui”, rivelano altresì una ricerca musicale continua ed instancabile verso la scoperta di nuovi mondi sonori, di nuovi orizzonti d’ascolto.
BRUNO MADERNA
Fantasia e fuga per due pianoforti (1949)
La prima esecuzione della Fantasia e fuga per due pianoforti avvenne a Darnstadt nel 1949 nell’ambito dei Ferienkurse. Venne organizzato un ciclo di cinque concerti dedicati alla Musick der jungen Generation, in cui furono presentate opere di compositori al di sotto dei trent’anni, selezionate tra oltre cento partiture pervenute. Tra le opere scelte venne eseguita quella Maderna col titolo B.A.C.H. Variationen für zwei Klaviere suonata dai pianisti Carl Seeman e Peter Stadlen. Dopo la prima esecuzione, e una replica a breve distanza, dal 1952 ribattezzata Fantasia e fuga scomparve dalle sale da concerto e solo nel 1987 lo studioso Raymond Fearn, esaminando le opere di Maderna conservate nella biblioteca dell’International Musikinstitut di Darmastadt, ha trovato di fronte a una partitura datata 1948 e intitolata Concerto per due pianoforti e strumenti, ma che da una attenta analisi notando che la dicitura «e strumenti» fosse stata cancellata in orizzontale con una penna, sfogliando la partitura lo studioso si è reso conto che la composizione in organico aveva solo due pianoforti per cui ha indotto Fearn a ritenere che il pezzo ritrovato era proprio la Fantasia e fuga per due pianoforti. Comunque rimangono ancora molti misteri sul titolo originale di quest’opera. Dal punto di vista formale la Fantasia e fuga è articolata in un solo movimento di 340 battute, con un corpo centrale costituito da una fuga a 4 parti preceduta e seguita da parti contrappuntistiche libere, di pura invenzione compositiva.
© ℗ 2023 EMA Vinci 70294
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