SINFONIA DELL’ASSENZA – Andrea Portera, Giovanni Sollima, Orchestra Giovanile Italiana – BD

L’Orchestra Giovanile Italiana è diretta da Giovanni Sollima, uno dei più talentuosi violoncellisti italiani, noto e apprezzato in tutto il mondo.

La Sinfonia dell’assenza di Andrea Portera è un’opera commissionata al compositore dall’Orchestra della Toscana per l’anniversario della morte di Luciano Berio.

L’Orchestra Giovanile Italiana fu fondata 34 anni fa da Piero Farulli ed è una delle più antiche orchestre giovanili, costituita con lo scopo di valorizzare nuovi talenti e avviarli al professionismo.


REFERENCE


Andrea Portera:
La Mia Musica come acqua trasparente ma profonda

Gregorio Moppi – La Repubblica 

IN MEMORIA di Luciano Berio, a dieci anni dalla morte, l’ Orchestra della Toscana ha commissionato una partitura ad Andrea Portera, quarantenne compositore toscano autore di oltre cento lavori che sono stati eseguiti anche dalle orchestre Rai e Bbc. Omaggio doveroso questo dell’ Ort: Berio le è stato vicino fin dalla costituzione, modellandone il profilo artistico. Portera ha confezionato un pezzo di un quarto d’ora, Sinfonia dell’ Assenza (labyrinths of my generation) che Daniel Kawka dirige insieme alla Sinfonia n. 4 di Brahms e al Concerto n. 1 per pianoforte di Ciaikovski, solista l’ucraino Alexander Romanovsky, dita d’ acciaio e intelligenza interpretativa che gli hanno fatto conquistare, dodici anni fa, adolescente, la vittoria al Concorso «Busoni». Spiega Portera che la Sinfonia dell’ Assenza si ispira agli Encores di Berio, «sei aforismi pianistici paragonabili a dell’acqua chiarissima, così pura e trasparente che ti pare di toccare il fondo del ruscello, ma non è così, perché la profondità è molto maggiore di quanto sembra». All’interno della composizione circolano frequenti richiami al nome di Berio: tradotto in alfabeto Morse diventa schema ritmico ricorrente, mentre le prime due lettere (che nella nomenclatura d’oltralpe corrispondono alle note si e mi) vi serpeggiano come motivo conduttore. «Inoltre il secondo tempo di questa Sinfonia è pervaso da un senso opprimente di attesa. E forse quel che si attende è proprio la figura di Berio. Comunque l’opera non è affatto gravata da allucinazioni funebri. C’è, sì, la morte, resa nel finale come una marcia, però in quanto idea rituale, archetipica. Del resto gran parte della mia produzione si fonda su suggestioni di psicanalisi junghiana e numerologiche; qui, per esempio, ho lavorato su strutture a base 7». Affermazioni forse un po’ ermetiche per un ascoltare medio. Che potrebbe spaventarsi. «La mia musica non cerca di assecondare il pubblico, però non vuole nemmeno scoraggiarlo. Tenta, piuttosto, di dischiudergli un varco di accesso all’interno del proprio linguaggio che non è di per sé inaccessibile. Anche perché la dissonanza sistematica ormai è tanto usurata quanto la cara, vecchia consonanza». Ma Portera ha mai incrociato Berio sulla sua strada di studente? «Intorno al 2000 ho partecipato per due volte a un concorso di composizione promosso dall’Accademia Chigiana di cui Berio era giurato. La prima volta presentai una partitura talmente complessa da leggere che l’orchestra subito si scoraggiò; perfino Berio, dopo poche pagine, l’accantonò. Ci restai malissimo, ma quella disillusione fu salutare poiché mi resi conto che ero rimasto vittima di quell’autocontemplazione dello spartito come puro oggetto estetico tipica di molta avanguardia. Berio, che invece mirava alla sostanza dell’arte, mi consigliò di comporre usando meno spezie nel mio arrosto. Fu suggerimento utile, visto che la seconda volta vinsi». E Portera, da docente alla Scuola di Fiesole, cosa insegna ai suoi allievi? «Non so dire se ho doti di didatta, di sicuro sono un ottimo catalizzatore. Infatti con i miei studenti, una ventina, ho l’obiettivo ambizioso di creare una sorta di nuova scuola fiorentina. Riesco perfino a inserirli direttamente nel circuito professionale grazie alle collaborazioni imbastite tra Fiesole e la rassegna fiorentina “Suoni riflessi”, i Pomeriggi musicali di Milano, l’editore Sconfinarte. Insomma li butto nella mischia, non come i maestri di Conservatorio che tengono i loro pupilli sempre coricati nella bambagia».



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