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Canciones – Liana Maeran soprano, Ivano Battiston accordion

Liana Maeran, soprano
Ivano Battiston, fisarmonica

PRESENTAZIONE

Il presente album rappresenta il debutto discografico del Duo Maeran – Battiston, le cui carriere si sono incrociate sei anni fa, trovando un punto d’incontro nel connubio sorprendente tra voce e fisarmonica.

Il tema principale di questo programma è quello della musica popolare, un genere d’arte musicale e poetica che affonda le sue radici negli usi, nei costumi e nelle tradizioni di una fascia limitata di territorio.

La produzione discografica raccoglie quindi un florilegio di canzoni originariamente arrangiate da alcuni importanti compositori del Novecento, e successivamente adattate alla fisarmonica dallo stesso Battiston, per un viaggio musicale che parte dalla Spagna, attraversa la Francia e raggiunge l’Argentina di Astor Piazzolla.


I quattro mini- album (ep) che formano la produzione discografica


Tres Canciones  – Astor Piazzolla

  1. Chiquilin de Bachin
  2. Los Pajaros Perdidos
  3. Yo Soy Maria

Astor Piazzolla, Tres canciones Le tre canzoni di Astor Piazzolla (1921- 1992), compositore argentino figlio di immigrati italiani, sono tra le più rappresentative della sua arte.

“Chiquilín de Bachín”, brano dal ritmo di valzer su testo del poeta uruguaiano-argentino Horacio Ferrer, con il quale nel 1967 Piazzolla aveva avviato una prolifica associazione musicale-poetica durata per diversi anni, racconta di un ragazzo della strada, il cui nome era Pablo Alberto González, che vendeva fiori nei pressi del ristorante “Bachín”, nel quartiere dei teatri di Buenos Aires.

“Los pajaros perdidos” rappresenta forse il momento più felice della collaborazione con il poeta argentino Mario César Trejo. Il testo racconta metaforicamente lo struggimento per i ricordi, per le ore giovani fatte di cose amate e perse: “un cielo che mai più si potrà recuperare”.

Maria de Buenos Aires, scritta nel 1968 (e dedicata a Milva) è uno dei frutti più complessi del rapporto di Piazzolla con il poeta Horacio Ferrer. Pensata come originale radiofonico, Maria de Buenos Aires è un’operatango, chiamata appunto “operita”, che racconta in due atti la vicenda drammatica di Maria, operaia di un’industria tessile e prostituta, che dopo morta riappare dal sottosuolo della città in forma di ombra: una metafora della rinascita della città stessa, che eternamente risorge dalle proprie ceneri.

Yo soy Maria, la sensuale e travolgente presentazione della protagonista, è senz’altro il brano più noto dell’intero lavoro, uno degli emblemi della musica di Piazzolla, entrato poi nel repertorio di molte grandi artiste del nostro tempo, senza contare le numerosissime versioni strumentali che ne sono state realizzate.


Chants d’Auvergne – Joseph Cantaloube

  1. La Pastoura als Camps
  2. Baïlèro
  3. Trois Bourrées

Joseph Canteloube, Chants d’Auvergne (vol. I) Nato a Malaret della regione dell’Alvernia nella Francia centro-meridionale, Joseph Canteloube (1879 – 1957) scrisse 30 canzoni basate su melodie popolari in lingua occitana che collezionò e che pubblicò in cinque volumi tra il 1923 e il 1955. Queste canzoni hanno delle melodie accattivanti e un’orchestrazione sontuosa ma delicata, così evocativa della natura e del sapore locale.

Naturalmente, trattandosi di canzoni della campagna, il loro contenuto è di soggetto rustico: amore, seduzione, sesso, pastori e pastorelle. Gli adattamenti palesano una grande maestria e congenialità, e i colori e contorni dell’orchestra riflettono fedelmente quelli del paesaggio dell’Auvergne. 

La più celebre di queste canzoni è Baïlèro, un canto dialogato di tipo responsoriale: II pastore e la pastorella cantano l’uno all’altra, da vicino e da lontano, per i pascoli delle montagne. La melodia è di incomparabile bellezza; e facendola galleggiare attraverso una trasparente tessitura con filigrane arpeggiate e, nella versione originale, attraverso gli armonici nel registro acuto degli archi che raffigurano l’infinità del cielo e dello spazio, Canteloube distilla un umore di serena eternità.

Per gli appassionati di Shakespeare, la canzone potrà toccare una nota familiare, in quanto William Walton, nella sua colonna sonora per l’Enrico V di Laurence Olivier (1944) impiegò la stessa melodia, arrangiata, come accompagnamento al discorso del duca di Borgogna dopo la storica battaglia di Agincourt.


Four French Folk Songs – Matias Seiber

  1. Réveillez-vous
  2. J’ai descendu
  3. Le Rossignol
  4. Marguerite, elle est malade

Mátyás Seiber, Four french folk songs Mátyás György Seiber, nato a Budapest nel 1905, studiò violoncello e composizione dal 1918 al 1925 e composizione con Zoltán Kodály dal 1921 al 1925. Dal 1935 in poi ha lavorato nel Regno Unito collegando influenze musicali diverse, dalla tradizione ungherese di Bartók e Kodály, a Schönberg e alla musica seriale, al jazz, alla canzone popolare, al cinema e alla musica leggera.

Nel 1960 fu invitato a fare un giro di conferenze in Sudafrica, dove morì a seguito di un incidente d’auto. Kodály ha dedicato la sua opera corale “Media vita in morte sumus” alla memoria del suo ex studente.

Le sue amicizie e le sue collaborazioni hanno abbracciato molti solisti tra cui Tibor Varga, Norbert Brainin, Julian Bream, John Williams, Peter Pears.

I Four French Folk Songs sono stati scritti originariamente per voce e chitarra e alternano movimenti lenti a movimenti veloci.

I testi appartengono al repertorio tradizionale francese e parlano soprattutto di amore, contemplando spesso allusioni sessuali e doppi sensi.


Siete canciones populares españolas Manuel de Falla, Siete canciones populares españolas 
Le Sette canzoni popolari spagnole, composte nel 1914, costituiscono un punto di riferimento importante nella produzione di Manuel de Falla (1876 – 1946), in quanto segnano l’utilizzazione da parte dell’artista del folclore musicale della sua terra, secondo un processo di reinvenzione del canto popolare.
Le idee di Falla in proposito furono espresse da lui stesso in un articolo apparso nella rivista “Musica”, in cui tra l’altro egli disse: «La mia modesta opinione è che in una canzone popolare lo spirito è più importante della lettera. Il ritmo, il modo e gli intervalli melodici sono la cosa principale, com’è dimostrato dal popolo con la trasformazione continua della linea melodica. Ma c’è di più: l’accompagnamento ritmico o armonico è importante almeno quanto la canzone stessa, e quindi bisogna ispirarsi in questo direttamente al popolo; chi la pensa diversamente con il suo lavoro non farà altro che un pot-pourri più o meno arguto di quello che vorrebbe realizzare nella realtà».
Da ciò si capisce come de Falla, pur arricchendo con il suo gusto armonico una determinata melodia popolare, non tradisca mai le caratteristiche della melodia tramandata da questa o quella regione della Spagna.
Infatti, nelle Sette canzoni si alternano moduli tematici tipicamente andalusi in El pano moruno, Canción, Nana, Polo, ai canti della Murcia (Seguidilla), delle Asturie (Asturiana) e dell’Aragona (Jota), secondo un criterio di appropriazione dell’anima spagnola in tutta la sua varietà e diversità di situazioni psicologiche. Non per nulla Mila sostiene che in questi come in altri componimenti di Falla, artista di acuta intelligenza creatrice, viene percorsa «la parabola di una delle esperienze che si offrivano alla musica contemporanea: quella dell’ispirazione nazionale. Riscatto dal folclore, passaggio dal pittoresco all’autentico, dal colore locale al genio di un popolo e di una civiltà, dal caratteristico al carattere: tale è il significato profondo dell’arte di Manuel de Falla».
Le Sette canzoni, che hanno sempre suscitato ammirazione per la chiarezza e l’eleganza del disegno armonico e per la morbidezza timbrica della linea vocale, sono dedicate a madame Godebski, la quale insieme al marito ebbe rapporti amichevoli e cordiali con de Falla e altri musicisti, tra cui Ravel.


(“Seven Spanish Folksongs”) is a 1914 set of traditional Spanish songs arranged for soprano and piano by the composer Manuel de Falla. Besides being Falla’s most-arranged composition and one of his most popular, it is one of the most frequently performed sets of Spanish-language art songs. The set was dedicated to Madame Ida Godebska.[1]

The styles and provenance of the songs are strikingly diverse. They are from different parts of Spain: an asturiana is from Asturias, in the north; the seguidilla, a type of flamenco, from Murcia, in the southeast, “Jota” is from Aragón in the northeast. “Nana” is a lullaby, and “Polo” a wild desire for revenge on an unfaithful lover. All the texts deal with love and the courting process, whether playfully, seriously, or tragically. The first song, for example, clearly alludes to the importance of virginity to a girl’s value on the marriage market[citation needed][2]. The lullaby deals with love’s outcome.

They have been arranged for guitar by Miguel Llobet and for orchestra by Luciano Berio. Falla and Paul Kochanski arranged six of the songs (omitting No. 2 and changing the order) for violin as Suite populaire espagnole. They inspired a similar folksong collection by Falla’s friend and collaborator Federico García Lorca. Norwegian trumpet soloist Tine Thing Helseth recorded them on trumpet on her self-titled album “Tine[3]” (2013), employing a cup mute in at the end of No. 4 and throughout No. 5.
[source Wikipedia]


REFERENCE

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